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KURT COBAIN, L’ALTERNATIVA GRUNGE TORNA NELLA MUSICA E NELLA MODA - Publicis Groupe
Entertainment

KURT COBAIN, L’ALTERNATIVA GRUNGE TORNA NELLA MUSICA E NELLA MODA

Il grunge è uno dei tipici fenomeni che ritornano (nella moda come nella musica o nelle arti in genere) perché sono legati a momenti di rottura in cui le culture sociali si sono rinnovate. Senza scomodare i corsi e i ricorsi storici, l’incertezza della cultura sociale contemporanea sta provocando molti episodi di reminiscenza. A Firenze, la mostra Come as you are. Kurt Cobain and the Grunge Revolution (Palazzo Riccardi, fino al 14 giugno; ovviamente il museo è chiuso per emergenza Covid-19/coronavirus e per il momento non sono state comunicate date di proroga) fa rivivere un fenomeno nato proprio in un’epoca di passaggio come la nostra, il grunge e il suo principale protagonista. La riprova è che sei mesi fa il suo cardigan beige mai lavato è stato venduto in un’asta all’Hard Rock Cafè di New York per oltre 300 mila dollari.

ALL’INIZIO FU LA MUSICA

C’è il grunge musicale, quello nato a Seattle nella seconda metà degli anni Ottanta del Novecento, e quello che negli stessi anni si manifesta ovunque addosso alla generazione che è rimasta delusa dell’edonismo reaganiano e spera di essere protagonista nell’era della nascente new economy. Il mito di Kurt Cobain (Aberdeen, 20 febbraio 1967 – Seattle 5 aprile 1994) nasce nel momento in cui il capo dei Nirvana riunisce in se stesso entrambe le cose. Anzi, raccoglie in sé tutti i significati di una controcultura che apparentemente è contro tutto: si oppone al popular rock e ne inventa uno alternativo riunendo influenze dell’hard e punk rock, dell’heavy metal, dell’hardcore punk e del post hardcore; si allontana dalla moda griffata e glamour del rock barock tipico degli anni Ottanta e si veste di jeans strappati, maglioni infeltriti e gioielli costruiti con il cerotto da pronto soccorso; fa di tutto per assumere l’aspetto trasandato rifiutando barbieri e parrucchieri e spesso anche le docce.

Con la sua band ma molto di più con la moglie Courtney Love, approfittando del proprio aspetto fisico che emana una sensualità universale e trasversale, Cobain mette in scena il personaggio del «maudit» in un movimento di «post maledetti», sesso, droga e rock’n’roll unito a manifestazioni depressive. Un Arthur Rimbaud con la chitarra le cui canzoni replicano quello sguardo poetico «che penetra attraverso una realtà coscientemente frantumata fin nel vuoto del mistero» che si raggiunge soltanto, scriveva il poeta francese, «attraverso una lunga, immensa e ragionata sregolatezza di tutti i sensi». Un groviglio di negazioni e aspirazioni che per Cobain finiscono il 5 aprile 1994 a 27 anni con un suicidio (causa della morte: un colpo di fucile; seguiranno anni di inchieste e di processi per omicidio mascherato).

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